Pagine

martedì 13 luglio 2010

I Salati di Salerno a Pomarico prov. di Matera - parte 3°

§ I Salati di Salerno a Pomarico§

Dopo lungo peregrinare, alla ricerca dei nostri antenati, mi pervenne la notizia che a Pomarico in provincia di Matera, tra il 500 e il 700, vi erano stati dei Salati e grazie alla collaborazione del mio amico, il prof. Pietro Varuolo, che per me ha ricercato negli archivi della parrocchia di S. Michele Arcangelo, ne ho avuto conferma.

Nel 1550 è presente a Pomarico il Sacerdote D. Antonio Salato Parroco, di dove fosse originario non si sa.

L’8 di ottobre 1567, nasce Masella Salati figlia di Leonetto, anche di questa non si conosce il paese d’origine.

La trascrizione che riporta l’origine della famiglia è stata rinvenuta nei libri di battesimo dell’8 febbraio 1654, in cui: il mag.co Angelo Aspello e la mag.ca Giovanna Salato Salernitana battezzarono una loro figlia di nome Ursula.

§ Il 14 giugno 1654 Fancesco Salato da Salerno e Donata Maria Bagnulesa della terra di Vallata fecero da padrini al battesimo della piccola Porfida Domenica, figlia del mag.co dr. Carmenio Falco e di Vittoria de Aspello – forse sorella di Angelo Aspelli.

La Bagnulesa, come avremo modo di vedere in seguito, doveva essere madre di Giovanna e di Francesco.

1655, Il vir importante dottore Angelo Aspelli e la Mag.ca Giovanna Salata, coniugi, battezzarono un secondo bambino, questa volta maschio di nome, Simone, Gaetano.

§ Il 1 gennaio 1656, il vir imp.te Dr. De Canii Geronimo e Sisto Porzia battezzarono un bambino di nome Giovan Gaetano, fece da madrina Giovanna di Ferdinando Salati.

Questo evento ci dimostra che i Salati di Pomarico sono i nostri progenitori colà trasferitosi da Salerno.

Quali furono i motivi di questo trasferimento possiamo solo immaginarli: senz’altro, la speranza di trovare un poco di pace e di sicurezza dopo i fatti che di seguito racconterò.

§ L’8 luglio 1647 scoppiò a Napoli la rivolta di Masaniello, l’eco dei tumulti arrivò a Salerno il 9 luglio, a capeggiare la rivolta salernitana fu Ippolito da Pastena che aveva assistito ai tumulti di Napoli.

Il giorno 11 “ calarono da Fratte al numero di 500” persone e fecero sosta alla chiesa del Carmine fuori le mura. “Il che inteso dal Regio Tribunale vi spedì l’avvocato fiscale Annibale Quaranta, onde placarli, il quale a stento potè campare la vita. Entrati in città alle ore 14, diedero il guasto, con incendiare e saccheggiare a ben venti case di Nobili, e di ricchi, che per brevità e per non essere del nostro proposito, tralasciamo indicare con tutti i particolari della rivolta, diremo solo che salvato il palazzo di Andrea Sciabica e quello di Andrea Bottiglieri……Fortunatamente poche furono le vittime perché i nobili, invisi al popolo, trovarono salvezza nella fuga o in sicuri nascondigli.

La sommossa del 8 dicembre senza dubbio superò d’intensità quella precedente. La plebaglia, divenuta padrona della città, e libera di sfogare tutto il suo odio contro di quelli che poco prima si ritenevano sicuri che ogni velleità di riscossa e ogni pericolo fosse cessato, si abbandonò al sacco e al fuoco con cieco furore. Né ebbe scrupolo di trascinare per le vie della città uomini rispettabili per età e per dottrina e di esporre al dileggio donne di illibati costumi. Tra gli altri subì la violenza dei rivoltosi il venerando Priore dell’almo Collegio di Medicina, il Dott. Giovanni del Galdo1….”

Infine, l’8 agosto 1648 il principe Tommaso di Savoia, profittando di questi disordini e del malumore della popolazione, tenta la conquista del regno di Napoli presentandosi con una potente “armata francese, costituita da 18 galere, 54 vascelli, tra di battaglia e incendiari e 40 tartane cariche di ogni sorta di munizioni”, nel golfo di Salerno, ma “non si osservò alcun movimento popolare, quantunque verso sera fossero sparati alcuni colpi di cannone, segnale convenuto della rivolta”.

Di queste e di altre mostruosità dovettero essere testimoni, probabilmente anche della morte di Ferdinando, perché avvocato e membro della Regia Udienza, magister camerario del Principato Citra e Basilicata.2


§ Ma i guai non dovevano finire, nel 1656, scoppiò la peste nel Regno di Napoli.

La pestilenza sviluppatasi a Napoli al principio dell’anno in seguito all’arrivo di una nave dalla Sardegna, assunse proporzioni impressionanti durante la primavera, con punte di circa ventimila morti il giorno.

Solamente nel mese di agosto dopo un violentissimo temporale, il contagio cominciò a decrescere sia in città sia nei vicini casali; ma sopra una popolazione di circa settecentomila abitanti i morti furono non meno di quattrocentocinquantamila.

A Pomarico l’arciprete Spera si prodigò affinché le misure igieniche adottate dal viceré fossero applicate rigorosamente.

Furono istituiti vari posti di blocco alla periferia del paese, ove prestavano servizio tutti i cittadini non escluso il clero e il loro arciprete.

Nell’inverno la peste assunse proporzioni spaventevoli per il sopraggiungere di una carestia.

Lo Spera cercò di alleviare i disagi della fame raccogliendo elemosine in chiesa e fuori e raccomandando ai più ambienti di aver cura dei loro vicini bisognosi.

Si prodigò egli stesso, con amore e abnegazione, verso i più bisognosi, riuscendo così ad evitare grandi lutti al paese.

§ luglio 1657, Vi fu una forte scossa di terremoto senza gravi danni per Pomarico e per gratitudine fu istituita la festa del 29 settembre (S.Michele).3

§ Il 18 febbraio 1657, il mag.co Angelo Aspello e Giovanna Salato battezzarono il loro terzogenito, un bambino di nome Federico, Pietro, Giovanni, Francesco. I padrini furono Mag.co Francesco de Alferio e Ambrosina Aspello.

§ Il 15 gennaio 1658, Il mag.co Angelo Aspello e la mag.ca Giovanna Salato, battezzarono un bambino di nome: Casto, Aniello, Pietro, Giacomo.

I padrini furono: D.Giacomo Antonio Torraca e la Mag.ca Lucrezia dell’Aquila di Matera.

§ Il 24 maggio 1659, il mag.co Angelo Aspello e la mag.ca Giovanna Salato di Salerno battezzarono un bambino nato il 21 maggio cui hanno imposto il nome di Ferdinando, Giacomo, Aniello.

PP. D. Cesare Miroballo Principe di Castellaneta e padrone di questa terra (Pomarico) e de Alessandro Caterina della terra di Iliceto- per procura sostituita da Sisto Maria.

§ Il 20 novembre 1661, il mag.co Angelo Aspello e Giovanna Salato salernitana battezzarono un bambino di nome Oronzo, Giovanni, Francesco, Giuseppe.



[1] Da D. Gerardo de Paola “VALLATA” - tip. Valsele Na.

A pag. 171 è riportata la trascrizione del battesimo impartito “A. D. 1637 die vero 6 m.s Jianuarii Vallatae”in cui il parroco D.Giulo Cesare Rosato battezza un bambino nato da D. Donato Pinto, terre Gesualdi et dalla Ecc.ma D.na Lidia Balucolensi hius terre Vallatae…..(Potrebbe trattarsi della traduzione latina di Bagnulesa?)

1 Da A.Sinno- Episodi ignorati della rivoluzione popolare del 1647 in Salerno.

2 Il maestro camerario o gran camerario, aveva la funzione di sorvegliare l’opera dei camerari e sovrintendeva alla economia pubblica e al patrimonio reale – mentre i camerari o vestiari erano funzionari della camera e si occupavano del tesoro reale. Sono anche alla testa di determinate circoscrizioni, dette biulationes; dipendono dai maestri camerari la cui autorità si può estendere a più provincie….Dai camerari dipendono i balivi e i funzionari preposti ai boschi, alle foreste, ecc La curia del camerario comprende giudici, boni homines e un notaio.

Da Arcangelo Copeti – Notizie della città e di cittadini di Matera- a cura di Mauro Padula e Domenico Passerelli.

3 Da Pietro Vacuolo- Pomarico- cronaca di tre secoli – 1641 – 1945.

Nessun commento:

Posta un commento